
Gianfranco Marrone
Docente di Semiotica e Presidente del Circolo Semiologico Siciliano
Università degli Studi di Palermo
Gianfranco Marrone, saggista e scrittore, è il presidente del Circolo Semiologico Siciliano.
È professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo. Ha tenuto corsi, fra le altre, nelle università di Bologna, Bogotà, IULM, Jyväskylä, Limoges, Meknès, Pollenzo, São Paulo. Dirige il Centro internazionale di scienze semiotiche di Urbino e la rivista “E/C” (www.ec-aiss.it). E' Presidente del Circolo semiologico siciliano.
Giornalista pubblicista, collabora a "Tuttolibri" de "La Stampa", "Repubblica - Palermo", "doppiozero" e altre testate. Tiene una rubrica intitolata "Punto" nell'ultima pagina del magazine "Il Gattopardo". Fa parte del Comitato scientifico delle riviste Versus, Carte semiotiche, Lexia, Actes Sémiotiques, Ocula, LId'O.
Dirige la collana "Insegne" presso l'editore Mimesis di Milano, i Nuovi Quaderni del Circolo semiologivo siciliano, nonché, con I. Pezzini, la "Biblioteca di Semiotica" presso Meltemi. Svolge ricerche qualitative sulla comunicazione di brand per enti pubblici e aziende private.
Abstract
La questione della trasmissione ereditaria, fortemente discussa in sede antropologica e psicanalitica, può essere articolata semioticamente in una grammatica narrativa allargata, ripensando sia la dimensione dello scambio sia quella del valore, e introducendovi la dimensione passionale. Testo di riferimento: Pierre et Jean di Guy de Maupassant.

Pierluigi Basso Fossali
Docente di Semiotica e Direttore del Laboratorio ENS ICAR (UMR 5191)
École normale supérieure de Lyon, Université Lumière Lyon 2
Pierluigi Basso Fossali è professore di Scienze del Linguaggio presso l’Université Lumière Lyon 2. Attualmente è direttore del laboratorio ICAR (UMR 5191) presso l’ENS di Lione, coordinatore del Consiglio scientifico del Séminaire International de Sémiotique di Parigi, vicepresidente della sezione 07-Sciences du langage presso il Conseil National des Universités (CNU) e coordinatore del progetto ANR Augmented Artwork Analysis. È stato presidente dell’Associazione francese di semiotica (AFS) dal 2017 al 2022. Ha pubblicato undici monografie e una sintesi delle sue posizioni teoriche è disponibile nella monografia Vers une écologie sémiotique de la culture (Lambert-Lucas, 2017). È membro del comitato scientifico della rivista Signata e si segnalano in particolare le direzioni dei numeri La notion de paradigme dans les sciences du langage (2017) et Modes, modalités et modalisations (2022).
La sua ricerca fa parte di un progetto di semiotica delle culture che mira ad articolare tre approcci epistemologici: (i) lo studio delle relazioni tra le mediazioni linguistiche e l'esperienza percettiva, (ii) l’analisi delle strategie enunciative e figurative dei testi, in particolari visivi, e (iii) l’attestazione e la descrizione delle pratiche di creazione e d’interpretazione degli oggetti culturali in relazione a specifiche istituzioni di senso (domini). In questo senso, il suo progetto scientifico è unitario e si sviluppa senza discontinuità a partire dalla pubblicazione del libro Il dominio dell’arte (Roma, Meltemi, 2002). Tra le iniziative editoriali più recenti, ricordiamo la direzione di un numero di Langue française (n. 206, 2020) e di un numero di Langages (n. 221, 2021) dedicati entrambi ai discorsi programmatori, nonché la direzione dei volumi Créativité sémiotique et institution du sens dans la dialectique entre l'individu et le collectif (Pulim, 2021), (Dés)Accords. À la recherche de la différence propice (Association Française de Sémiotique, 2021) e, in collaborazione, Language is a complex adaptive system: explorations and evidence (Language Science Press, 2022).
Abstract
Il legame generazionale è un circuito produttivo di coesione interna di una cultura tra ripresa dell’ereditato e progetto circostanziato che ridefinisce il perimetro del fattibile e dell’irrealizzabile. Tuttavia, superare il mandato ricevuto sulla base di un puro criterio generazionale implica una doppia rimotivazione del carattere arbitrario che è proprio tanto di una discontinuità puramente programmatica (superare i padri), quanto di una determinazione abusiva di appartenenza che suona spesso quasi come una condanna (essere figli della generazione precedente).
Pur facendo proprio questo legame paradossale e stereotipico che tiene assieme smarcamenti ostentati e marche indelebili, il concetto di generazione preserva una vocazione critica e un potenziale euristico. Certo, da un lato, si afferma come parola d’ordine per distribuire le responsabilità, per prevedere politiche asimmetriche ma compensative, per stabilire diversi piani di legittimità del giudizio; dall’altro, il concetto di generazione mira a individuare le indicazioni di una svolta nelle forme di trasmissione di una cultura, sottolineando un diverso modo di garantire la dialettica tra tradizione e innovazione. Tuttavia, la condizione di uguaglianza di tutte le generazioni di fronte all’ignoranza del futuro, l’economia dell’oblio programmato per socializzare il memorabile, l’asimmetria temporale tra le generazioni che responsabilizza gli adulti, la produzione di indeterminatezza e instabilità ecologica di cui le ultime generazioni sono eredi, questa serie di indizi sommari mostra già una sovrapposizione di pertinenze nell’evocazione di una questione intergenerazionale che assilla mandati, politiche e sanzioni sociali.
Il quadro generazionale è altamente intricato. Il dibattito sulla trasmissione intergenerazionale rimane sospeso tra crisi condivisa (condizione storica), latenza intenzionale del nuovo (sospensione della discontinuità generazionale) e “appropriazionismo” rivendicato in modo competitivo. Ciò dimostra l’interesse di studiare i discorsi generazionali come crocevia retorico dotato di una forte polemologia sociale. La vita della cultura è del resto un trasferimento di mandati di cui le generazioni si sono fatto carico gestendo a loro volta una ambiente di risorse e forze semiotiche eterogenee la cui evoluzione non pare essere intellegibile e prevedibile secondo leggi. La doppia contingenza di risposte generazionali e sviluppi delle forme semiotiche merita di essere studiata in termini di equilibri metastabili di una data semiosfera culturale.

Lucio Spaziante
Docente di Semiotica
Università degli Studi di Bologna
Lucio Spazianteè professore associato di Filosofia e Teoria dei linguaggi, presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna dove insegna Semiotica dei media e Teorie e modelli della Semiotica, e dove svolge attività di ricerca nel campo dei media, del linguaggio audiovisivo, della musica, delle culture giovanili. Ha ottenuto un Dottorato in Semiotica con la supervisione di Umberto Eco e Paolo Fabbri, e successivamente ha insegnato e svolto attività di ricerca in varie università italiane (Ferrara, Modena e Reggio Emilia, IULM) e all’estero (UCL Belgio, Francia, Gran Bretagna, UCSD Stati Uniti, Waseda Giappone). È stato Segretario e poi Vice Presidente dell'AISS (Associazione italiana per gli studi semiotici).
Tra i volumi pubblicati si segnalano Remix-Remake. Pratiche di replicabilità (2006, con Nicola Dusi), Sociosemiotica del pop. Identità, testi e pratiche musicali (2007) e Icone pop. Identità e apparenze tra semiotica e musica (2013).
Le ultime pubblicazioni su riviste di settore sono: La versione infinita: riedizione come risemantizzazione, «Versus», (2022); Lo studio delle sottoculture musicali: sguardi disciplinari, trasformazioni sociali, mutamenti estetici, (con Paolo Magaudda), «Studi Culturali», 2022; La relazione tra suono e immagine nel videoclip, «estetica. studi e ricerche», 2022.
In vari momenti della storia della musica pop e della musica rock, l’eredità del passato, o di altre culture, ha costituito una posta in gioco da valorizzare in termini più o meno conflittuali.
Il rock’n’roll è una “musica giovanile” che negli anni Cinquanta si oppone alle musiche pre-esistenti, sia perché appartenenti agli adulti, sia perché estranee al nuovo repertorio derivante dalla black music.
Vent’anni dopo il punk andrà contro i cosiddetti “dinosauri” del progressive rock, negando ogni legame con quell’eredità musicale, e compiendo i primi atti di patricidio e matricidio interni alla stessa cultura pop.
Poco dopo, la new wawe presenterà una diversa lettura del passato rock (anche attraverso il funk) che risulterà al contempo critica ma citazionista, e a tratti revivalista (dalla neo-psichedelia alla New British Invasion).
In un diverso ambito, la nascente cultura hip-hop mette in atto un’operazione di (ri)costruzione della tradizione afro-americana, assemblando frammenti del passato funky-soul (James Brown, e oltre), sia nel Contenuto (orgoglio nero) sia nell’Espressione (campionamenti musicali). Un’attitudine che condurrà, più in generale, al diffondersi delle pratiche di remix, e di tributo rispetto a tradizioni musicali precedenti.
Dal nostro sguardo contemporaneo, la musica pop presenta nel suo complesso un processo di invecchiamento e di stratificazione temporale con cui dover fare i conti. Sia i protagonisti, sia i testi e i documenti, sono oramai parte di un patrimonio culturale consacrato e riconosciuto nella cultura mainstream. Su queste tracce di rivalutazione del passato, e di definizione della classicità pop, si pongono le riedizioni di album (dai Beatles ai Pink Floyd), contenenti inediti, versioni demo, ma anche versioni remix che vanno a ridefinire l’integrità testuale originaria.
In conclusione, nella musica pop è in atto una trasformazione da musica giovanile a post-giovanile che consente di rileggere il fenomeno in chiave di eredità e di confronto con il passato, anche grazie alle possibilità archivistiche e di accesso delle piattaforme digitali, che generano negli attuali adolescenti una diversa relazione con il “passato giovanile”.
Giuditta Bassano
Docente di Semiotica
LUMSA
Giuditta Bassano è Ricercatrice in semiotica presso il Dipartimento di scienze umane dell’università Lumsa di Roma. Nel 2019 ha co-curato con Stefano Bartezzaghi la riedizione italiana per Bompiani di Maupassant di A. J. Greimas. Nel 2022 ha pubblicato la sua prima monografia, La balestra di Pierre, edita da Museo Pasqualino, Palermo. È in uscita (marzo 2023) una sua seconda monografia dal titolo Verso. Strutture semiotiche della destinazione, per l’editore Studium di Roma.
Trasmissione è un termine complesso, iperonimo sia rispetto a “eredità” sia rispetto a “successione”. Qui proponiamo che in senso semiotico il trasmettere configuri un insieme di relazioni narrative, discorsive ed enunciative specifiche. Infatti, seguendo le voci corrispondenti dei principali dizionari italiani si possono porre in luce certi aspetti semantici.
La trasmissione sembra sussumere: (a) una trasformazione congiuntiva; (b) un processo di ‘diffusione’, che può essere messo a fuoco nel suo svolgimento e nei suoi esiti; (c) una trasformazione disgiuntiva; e infine (d) un elemento metacomunicativo a livello enunciazionale.
Nel primo senso (a), la trasmissione è un trasferire qualcosa a qualcuno, che si tratti, nei discorsi, di un attore individuale o collettivo. La cultura occidentale pullula di cataloghi di questi tipi di attori antropomorfi. Aspiranti all’eredità del maestro, nelle sette religiose come in politica; generazioni segnate dal trauma trasmesso; due secoli di letteratura e stampa attraversati da storie di arricchimenti inattesi, sperperi ingrati, manipolazioni temerarie di scapoli e anziani parenti, truffe, raggiri e frodi fiscali. E ancora innumerevoli mitologie sulle virtù dell’eroe più degno di assurgere a capo, al cinema, nei poemi cavallereschi, nelle fiabe. Nel secondo senso (b), trasmettere è disseminare, diffondere nello spazio o nel tempo. Si trasmette un virus, un meme, una lingua, una diceria, una rivolta. Qui allora sembrano contare l’intensità, l’efficacia, la durata dei processi trasmissivi. È in quest’accezione che il debito pubblico di un Paese minaccia il destino dei suoi cittadini appena diciottenni, ma è sempre in questa traiettoria che si giunge anche alla retorica di un ambiente naturale/disciplina accademica/civiltà che sta morendo, e da qui agli scenari distopici sul futuro. In bene si trasmettono le ricette, le tecniche, i canti popolari, i proverbi, e in male gli usi più retrivi e violenti. Nel terzo senso (c) trasmettere comporta un cedere, che in termini greimasiani prende la forma di una rinuncia o di una comunicazione partecipativa. Qui la lessicografia accosta il trasmettere all’innestare, allo spostare, prima di tutto a un passaggio da qualcosa a qualcos’altro. Il che apre al problema di che cosa permanga in seno all’istanza trasmittente e di che cosa di essa migri in quella ricevente. Vale in fisica, nella distinzione tra materiali conduttori e isolanti, ma vale anche in antropologia culturale, disciplina segnata da più di un secolo di riflessioni sulla trasmissione del valore in circuiti sociali fondati sull’avarizia e sullo spreco, sul dono e sull’equilibrio. Afferiscono a questo versante semantico della trasmissione il tema mitico della stirpe, della razza, del sangue, ma anche quello giuridico della trasmissione di debiti, cioè obbligazioni, dal defunto ai suoi eredi.
Un quarto senso (d), quello forse più scontato ma dalle implicazioni più vaste, coinvolge in forma canonica la destinazione attanziale. Trasmettere può cioè sempre essere inteso come un “far arrivare”, un invio, un atto che rileva di un intento comunicativo, di una strategia, e talvolta di complessi programmi narrativi di pianificazione e messa in atto. Si può voler non trasmettere – diseredando un erede legittimo, o rifiutandosi di averne per proteggerli da anatemi e disgrazie. Oppure non voler trasmettere, come nei casi, nella narrativa di inizio XIX secolo, in cui la protagonista, ormai vedova, scopre che il marito aveva già dei figli da altre relazioni. Qui si apre anche il grande tema della veggenza e dello sciamanesimo, del mondo dei vivi come destinato da quello dei morti, o del mondo terreno come destinatario di doni e sogni inviati da quello ultraterreno. La trasmissione può diventare un premio, una punizione, una maledizione, un segreto, un compito, un avvertimento.
Il fatto di accostare questa quarta accezione del trasmettere a una funzione metacomunicativa verrà chiarito meglio con un passo ulteriore, ovvero una messa alla prova analitica. Non sembra casuale, infatti, che diverse opere culto della letteratura contemporanea dialoghino, in modo diretto, con la trasmissione. È un dialogo che segna nettamente il romanzo, piuttosto che il cinema. Vale per mostri sacri come Bolaño, che in 2666 delinea una visione molto personale della ‘consanguineità taciuta’; vale per De Lillo, che costruisce Underworld sul passaggio di mano in mano di una palla da baseball; vale per McCarthy, che in The Road fa trasmettere da un padre a un figlio le condizioni stesse del possibile. Vale anche per l’opera maggiore di una delle più grandi autrici contemporanee, Mariana Enriquez, di cui è da poco stato tradotto in italiano La nostra parte di notte, romanzo mondo la cui architettura intreccia in modo significativo concezioni e figure del trasmettere, attorno, in particolare, al tema della diseredazione. Articolando queste note, l’intervento si propone due scopi. Il primo è quello di interdefinire i quattro elementi della trasmissione visti sopra. In questo senso, La nostra parte di notte di Enriquez sarà il campo sul quale tentare un simile esercizio. Nella seconda fase dell’intervento, per verificare la tenuta della proposta teorica, ne vaglieremo la coerenza in un ambito molto lontano dalla narrativa contemporanea.
Piero Polidoro
Docente di Semiotica
LUMSA
I Deep fake sono testi audiovisivi generati da un'intelligenza artificiale combinando audio e video originali o rielaborati. A partire dal nome, che chiama in causa il concetto di falsità, vengono solitamente considerati un pericolo e viene loro attribuito un valore disforico. Ma i deep fake possono essere impiegati anche per scopi ludici (parodia, satira...) o per motivi più nobili. In alcuni casi, per esempio, sono stati usati per tramandare la memoria di una persona o sono stati realizzati progetti in cui, grazie all'integrazione fra deep fake e altre tecnologie di AI, è possibile preservare in modo interattivo la testimonianza degli ultimi sopravvissuti della Shoah.
Possono i deep fake (o come potremo chiamarli per riabilitarne l'immagine) essere dei nuovi strumenti di trasmissione della memoria? Cosa cambia quando la memoria viene trasmessa in questo modo? E quali sono le condizioni di successo di simili operazioni?
i modi di esistenza del patrimonio

Claudio Paolucci
Docente di Semiotica
Università degli Studi di Bologna
Claudio Paolucci è professore ordinario di Semiotica e Filosofia del linguaggio all’Università di Bologna, presidente della Società di Filosofia del Linguaggio e coordinatore del Dottorato di ricerca in Philosophy, Science, Cognition and Semiotics del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna. Paolucci si è laureato e dottorato con Umberto Eco, di cui è stato collaboratore presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna e a cui ha dedicato
una monografia uscita nel 2017 da Feltrinelli.
Dal 2012 è stato il segretario della Società Italiana di Filosofia del Linguaggio e dal 2014 è il coordinatore scientifico della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna fondata da Umberto Eco, che ne è stato il presidente fino alla sua morte nel 2016.
Paolucci è stato visiting professor presso diverse università del mondo, in cui ha tenuto corsi, cicli di lezioni e seminari e ha collaborato per sette anni con l’Istituto Superiore di Scienze Umane (SUM) di Firenze. È vice direttore della rivista internazionale di semiotica
VS-Versus, redattore della rivista internazionale
Nouvaux Actes Sémiotiques e membro del comitato di direzione dell’
Italian Journal of Cognitive Sciences.
Ha pubblicato oltre settanta articoli scientifici in diverse riviste internazionali di Filosofia e Teoria dei Linguaggi. Fra le sue opere più importanti
Strutturalismo e interpretazione, uscito nel 2010 e
Persona del 2022, entrambi pubblicati dall’editore Bompiani.
Paolucci si è occupato principalmente di semiotica generale, scienze cognitive, pragmatismo, interpretazione e teoria dei linguaggi, ma ha scritto saggi scientifici anche sulla semiotica del cinema e sul discorso politico. È stato parte di diversi progetti competitivi che prevedono la revisione tra pari, tra cui un importante progetto europeo del settimo programma quadro e un Progetto Strategico di Interesse Nazionale su “Cognizione e performatività”, di cui è il responsabile dell’unità dell’Università di Bologna. Dal 2016 è uno dei tutori attivi del Collegio Superiore dell’Università di Bologna e nel 2017 ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore ordinario.
Abstract