Programma

18 Aprile 2023 alle 15:30

Eredità e passioni. Su “Pierre et Jean”

Gianfranco Marrone

Gianfranco Marrone

Docente di Semiotica, Direttore del Centro Internazionale di Scienze Semiotiche "Umberto Eco" e Presidente del Circolo Semiologico Siciliano

Università degli Studi di Palermo

Gianfranco Marrone, saggista e scrittore, è il presidente del Circolo Semiologico Siciliano. È professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo. Ha tenuto corsi, fra le altre, nelle università di Bologna, Bogotà, IULM, Jyväskylä, Limoges, Meknès, Pollenzo, São Paulo. Dirige il Centro internazionale di scienze semiotiche di Urbino e la rivista “E/C” (www.ec-aiss.it). E' Presidente del Circolo semiologico siciliano. Giornalista pubblicista, collabora a "Tuttolibri" de "La Stampa", "Repubblica - Palermo", "doppiozero" e altre testate. Tiene una rubrica intitolata "Punto" nell'ultima pagina del magazine "Il Gattopardo". Fa parte del Comitato scientifico delle riviste Versus, Carte semiotiche, Lexia, Actes Sémiotiques, Ocula, LId'O. Dirige la collana "Insegne" presso l'editore Mimesis di Milano, i Nuovi Quaderni del Circolo semiologivo siciliano, nonché, con I. Pezzini, la "Biblioteca di Semiotica" presso Meltemi. Svolge ricerche qualitative sulla comunicazione di brand per enti pubblici e aziende private.

Abstract

La questione della trasmissione ereditaria, fortemente discussa in sede antropologica e psicanalitica, può essere articolata semioticamente in una grammatica narrativa allargata, ripensando sia la dimensione dello scambio sia quella del valore, e introducendovi la dimensione passionale. Testo di riferimento: Pierre et Jean di Guy de Maupassant.

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27 Aprile 2023 alle 15:30

Il tramandato. Passaggi e percorsi generazionali

Pierluigi Basso Fossali

Pierluigi Basso Fossali

Docente di Semiotica e Direttore del Laboratorio ENS ICAR (UMR 5191)

École normale supérieure de Lyon, Université Lumière Lyon 2

Pierluigi Basso Fossali è professore di Scienze del Linguaggio presso l’Université Lumière Lyon 2. Attualmente è direttore del laboratorio ICAR (UMR 5191) presso l’ENS di Lione, coordinatore del Consiglio scientifico del Séminaire International de Sémiotique di Parigi, vicepresidente della sezione 07-Sciences du langage presso il Conseil National des Universités (CNU) e coordinatore del progetto ANR Augmented Artwork Analysis. È stato presidente dell’Associazione francese di semiotica (AFS) dal 2017 al 2022. Ha pubblicato undici monografie e una sintesi delle sue posizioni teoriche è disponibile nella monografia Vers une écologie sémiotique de la culture (Lambert-Lucas, 2017). È membro del comitato scientifico della rivista Signata e si segnalano in particolare le direzioni dei numeri La notion de paradigme dans les sciences du langage (2017) et Modes, modalités et modalisations (2022).
La sua ricerca fa parte di un progetto di semiotica delle culture che mira ad articolare tre approcci epistemologici: (i) lo studio delle relazioni tra le mediazioni linguistiche e l'esperienza percettiva, (ii) l’analisi delle strategie enunciative e figurative dei testi, in particolari visivi, e (iii) l’attestazione e la descrizione delle pratiche di creazione e d’interpretazione degli oggetti culturali in relazione a specifiche istituzioni di senso (domini). In questo senso, il suo progetto scientifico è unitario e si sviluppa senza discontinuità a partire dalla pubblicazione del libro Il dominio dell’arte (Roma, Meltemi, 2002). Tra le iniziative editoriali più recenti, ricordiamo la direzione di un numero di Langue française (n. 206, 2020) e di un numero di Langages (n. 221, 2021) dedicati entrambi ai discorsi programmatori, nonché la direzione dei volumi Créativité sémiotique et institution du sens dans la dialectique entre l'individu et le collectif (Pulim, 2021), (Dés)Accords. À la recherche de la différence propice (Association Française de Sémiotique, 2021) e, in collaborazione, Language is a complex adaptive system: explorations and evidence (Language Science Press, 2022).

Abstract

Il legame generazionale è un circuito produttivo di coesione interna di una cultura tra ripresa dell’ereditato e progetto circostanziato che ridefinisce il perimetro del fattibile e dell’irrealizzabile. Tuttavia, superare il mandato ricevuto sulla base di un puro criterio generazionale implica una doppia rimotivazione del carattere arbitrario che è proprio tanto di una discontinuità puramente programmatica (superare i padri), quanto di una determinazione abusiva di appartenenza che suona spesso quasi come una condanna (essere figli della generazione precedente). 

Pur facendo proprio questo legame paradossale e stereotipico che tiene assieme smarcamenti ostentati e marche indelebili, il concetto di generazione preserva una vocazione critica e un potenziale euristico. Certo, da un lato, si afferma come parola d’ordine per distribuire le responsabilità, per prevedere politiche asimmetriche ma compensative, per stabilire diversi piani di legittimità del giudizio; dall’altro, il concetto di generazione mira a individuare le indicazioni di una svolta nelle forme di trasmissione di una cultura, sottolineando un diverso modo di garantire la dialettica tra tradizione e innovazione. Tuttavia, la condizione di uguaglianza di tutte le generazioni di fronte all’ignoranza del futuro, l’economia dell’oblio programmato per socializzare il memorabile, l’asimmetria temporale tra le generazioni che responsabilizza gli adulti, la produzione di indeterminatezza e instabilità ecologica di cui le ultime generazioni sono eredi, questa serie di indizi sommari mostra già una sovrapposizione di pertinenze nell’evocazione di una questione intergenerazionale che assilla mandati, politiche e sanzioni sociali. 

Il quadro generazionale è altamente intricato. Il dibattito sulla trasmissione intergenerazionale rimane sospeso tra crisi condivisa (condizione storica), latenza intenzionale del nuovo (sospensione della discontinuità generazionale) e “appropriazionismo” rivendicato in modo competitivo.  Ciò dimostra l’interesse di studiare i discorsi generazionali come crocevia retorico dotato di una forte polemologia sociale. La vita della cultura è del resto un trasferimento di mandati di cui le generazioni si sono fatto carico gestendo a loro volta una ambiente di risorse e forze semiotiche eterogenee la cui evoluzione non pare essere intellegibile e prevedibile secondo leggi. La doppia contingenza di risposte generazionali e sviluppi delle forme semiotiche merita di essere studiata in termini di equilibri metastabili di una data semiosfera culturale.

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19 Maggio 2023 alle 15:30

Il “passato giovanile” musicale. Processi di accettazione e rifiuto dell’eredità

Lucio Spaziante

Lucio Spaziante

Docente di Semiotica

Università degli Studi di Bologna

Lucio Spaziante è professore associato di Filosofia e Teoria dei linguaggi, presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna dove insegna Semiotica dei media e Teorie e modelli della Semiotica, e dove svolge attività di ricerca nel campo dei media, del linguaggio audiovisivo, della musica, delle culture giovanili. Ha ottenuto un Dottorato in Semiotica con la supervisione di Umberto Eco e Paolo Fabbri, e successivamente ha insegnato e svolto attività di ricerca in varie università italiane (Ferrara, Modena e Reggio Emilia, IULM) e all’estero (UCL Belgio, Francia, Gran Bretagna, UCSD Stati Uniti, Waseda Giappone). È stato Segretario e poi Vice Presidente dell'AISS (Associazione italiana per gli studi semiotici).

Tra i volumi pubblicati si segnalano Remix-Remake. Pratiche di replicabilità (2006, con Nicola Dusi), Sociosemiotica del pop. Identità, testi e pratiche musicali (2007) e Icone pop. Identità e apparenze tra semiotica e musica (2013).

Le ultime pubblicazioni su riviste di settore sono: La versione infinita: riedizione come risemantizzazione, «Versus», (2022); Lo studio delle sottoculture musicali: sguardi disciplinari, trasformazioni sociali, mutamenti estetici, (con Paolo Magaudda), «Studi Culturali», 2022; La relazione tra suono e immagine nel videoclip, «estetica. studi e ricerche», 2022.

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Email: lucio.spaziante@unibo.it

Abstract

In vari momenti della storia della musica pop e della musica rock, l’eredità del passato, o di altre culture, ha costituito una posta in gioco da valorizzare in termini più o meno conflittuali. Il rock’n’roll è una “musica giovanile” che negli anni Cinquanta si oppone alle musiche pre-esistenti, sia perché appartenenti agli adulti, sia perché estranee al nuovo repertorio derivante dalla black music. Vent’anni dopo il punk andrà contro i cosiddetti “dinosauri” del progressive rock, negando ogni legame con quell’eredità musicale, e compiendo i primi atti di patricidio e matricidio interni alla stessa cultura pop.  Poco dopo, la new wave presenterà una diversa lettura del passato rock (anche attraverso il funk) che risulterà al contempo critica ma citazionista, e a tratti revivalista (dalla neo-psichedelia alla New British Invasion).

In un diverso ambito, la nascente cultura hip-hop mette in atto un’operazione di (ri)costruzione della tradizione afro-americana, assemblando frammenti del passato funky-soul (James Brown, e oltre), sia nel Contenuto (orgoglio nero) sia nell’Espressione (campionamenti musicali). Un’attitudine che condurrà, più in generale, al diffondersi delle pratiche di remix, e di tributo rispetto a tradizioni musicali precedenti.

Dal nostro sguardo contemporaneo, la musica pop presenta nel suo complesso un processo di invecchiamento e di stratificazione temporale con cui dover fare i conti. Sia i protagonisti, sia i testi e i documenti, sono oramai parte di un patrimonio culturale consacrato e riconosciuto nella cultura mainstream. Su queste tracce di rivalutazione del passato, e di definizione della classicità pop, si pongono le riedizioni di album (dai Beatles ai Pink Floyd), contenenti inediti, versioni demo, ma anche versioni remix che vanno a ridefinire l’integrità testuale originaria.

In conclusione, nella musica pop è in atto una trasformazione da musica giovanile a post-giovanile che consente di rileggere il fenomeno in chiave di eredità e di confronto con il passato, anche grazie alle possibilità archivistiche e di accesso delle piattaforme digitali, che generano negli attuali adolescenti una diversa relazione con il “passato giovanile”.

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16 Giugno 2023 alle 15:30

Trasmettere emozioni

Isabella Pezzini

Isabella Pezzini

Docente di Semiotica

Università degli Studi di Roma – La Sapienza

Isabella Pezzini è professoressa di ordinaria di Filosofia e Teoria dei Linguaggi presso l’Università Sapienza di Roma, dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale, dove insegna Semiotica. Le sue ricerche vertono sullo sviluppo teorico della semiotica, la narratività e l’analisi testuale, con applicazioni nell’ambito della semiotica della cultura, dei media, dello spazio urbano e museale. Dirige LARS, Laboratorio Romano di Semiotica, e presiede FedRoS, Federazione Romanza di Semiotica. Fra le sue ultime pubblicazioni la cura di Paolo Fabbri. Unfolding semiotics (Punctum 2021), con Paolo Peverini La società degli ibridi, E/C 37, 2023; con Bianca Terracciano La moda fra senso e cambiamento (Udine-Milano, 2021); con Riccardo Finocchi, Dallo spazio alla città. Letture e fondamenti di semiotica urbana (Udine-Milano, 2020), con Luigi Virgolin Usi e piaceri del turismo (Roma, 2020).

Abstract

La comunicazione in generale, com’è noto, non è la trasmissione di segni  tra due cabine telefoniche vuote, ma coinvolge soggetti diversamente competenti in interazione reciproca. A maggior ragione  la dimensione delle emozioni o addirittura delle passioni quando si parla di trasmissione ereditaria è ben nota (cfr. l’intervento di Gianfranco Marrone). Possiamo analizzarla sia a livello di enunciato, osservandone le dinamiche soggettive e intersoggettive, sia a livello di enunciazione, focalizzandoci sui modi dell’espressione. Questi ultimi, secondo Iván Fónagy, costituiscono una sorta di secondo livello di codifica, in grado di iscrivere la soggettività di chi enuncia, enfatizzando o al contrario anche contraddicendo quanto è espresso, con il risultato di produrre contagio, non solo trasmettere ma trasformare. Fenomeno ben noto fin dall’antichità, in grado di trascinare le folle come i singoli, è studiato in politica, in pedagogia, in amore, in guerra: in generale in tutti gli ambiti in cui vanno scaldati i cuori. 

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23 Giugno 2023 alle 15:30

Diseredati. Una semiotica della trasmissione alla prova su “La nostra parte di notte” di Mariana Enriquez

Giuditta Bassano

Giuditta Bassano

Docente di Semiotica

LUMSA

Giuditta Bassano è Ricercatrice in semiotica presso il Dipartimento di scienze umane dell’università Lumsa di Roma. Nel 2019 ha co-curato con Stefano Bartezzaghi la riedizione italiana per Bompiani di Maupassant di A. J. Greimas. Nel 2022 ha pubblicato la sua prima monografia, La balestra di Pierre, edita da Museo Pasqualino, Palermo. È in uscita (marzo 2023) una sua seconda monografia dal titolo Verso. Strutture semiotiche della destinazione, per l’editore Studium di Roma.

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Email: g.bassano@lumsa.it

Abstract

Trasmissione è un termine complesso, iperonimo sia rispetto a “eredità” sia rispetto a “successione”. Qui proponiamo che in senso semiotico il trasmettere configuri un insieme di relazioni narrative, discorsive ed enunciative specifiche. Infatti, seguendo le voci corrispondenti dei principali dizionari italiani si possono porre in luce certi aspetti semantici. 

La trasmissione sembra sussumere: (a) una trasformazione congiuntiva; (b) un processo di ‘diffusione’, che può essere messo a fuoco nel suo svolgimento e nei suoi esiti; (c) una trasformazione disgiuntiva; e infine (d) un elemento metacomunicativo a livello enunciazionale. 

Nel primo senso (a), la trasmissione è un trasferire qualcosa a qualcuno, che si tratti, nei discorsi, di un attore individuale o collettivo. La cultura occidentale pullula di cataloghi di questi tipi di attori antropomorfi. Aspiranti all’eredità del maestro, nelle sette religiose come in politica; generazioni segnate dal trauma trasmesso; due secoli di letteratura e stampa attraversati da storie di arricchimenti inattesi, sperperi ingrati, manipolazioni temerarie di scapoli e anziani parenti, truffe, raggiri e frodi fiscali. E ancora innumerevoli mitologie sulle virtù dell’eroe più degno di assurgere a capo, al cinema, nei poemi cavallereschi, nelle fiabe. Nel secondo senso (b), trasmettere è disseminare, diffondere nello spazio o nel tempo. Si trasmette un virus, un meme, una lingua, una diceria, una rivolta. Qui allora sembrano contare l’intensità, l’efficacia, la durata dei processi trasmissivi. È in quest’accezione che il debito pubblico di un Paese minaccia il destino dei suoi cittadini appena diciottenni, ma è sempre in questa traiettoria che si giunge anche alla retorica di un ambiente naturale/disciplina accademica/civiltà che sta morendo, e da qui agli scenari distopici sul futuro. In bene si trasmettono le ricette, le tecniche, i canti popolari, i proverbi, e in male gli usi più retrivi e violenti. Nel terzo senso (c) trasmettere comporta un cedere, che in termini greimasiani prende la forma di una rinuncia o di una comunicazione partecipativa. Qui la lessicografia accosta il trasmettere all’innestare, allo spostare, prima di tutto a un passaggio da qualcosa a qualcos’altro. Il che apre al problema di che cosa permanga in seno all’istanza trasmittente e di che cosa di essa migri in quella ricevente. Vale in fisica, nella distinzione tra materiali conduttori e isolanti, ma vale anche in antropologia culturale, disciplina segnata da più di un secolo di riflessioni sulla trasmissione del valore in circuiti sociali fondati sull’avarizia e sullo spreco, sul dono e sull’equilibrio. Afferiscono a questo versante semantico della trasmissione il tema mitico della stirpe, della razza, del sangue, ma anche quello giuridico della trasmissione di debiti, cioè obbligazioni, dal defunto ai suoi eredi. 

Un quarto senso (d), quello forse più scontato ma dalle implicazioni più vaste, coinvolge in forma canonica la destinazione attanziale. Trasmettere può cioè sempre essere inteso come un “far arrivare”, un invio, un atto che rileva di un intento comunicativo, di una strategia, e talvolta di complessi programmi narrativi di pianificazione e messa in atto. Si può voler non trasmettere – diseredando un erede legittimo, o rifiutandosi di averne per proteggerli da anatemi e disgrazie. Oppure non voler trasmettere, come nei casi, nella narrativa di inizio XIX secolo, in cui la protagonista, ormai vedova, scopre che il marito aveva già dei figli da altre relazioni. Qui si apre anche il grande tema della veggenza e dello sciamanesimo, del mondo dei vivi come destinato da quello dei morti, o del mondo terreno come destinatario di doni e sogni inviati da quello ultraterreno. La trasmissione può diventare un premio, una punizione, una maledizione, un segreto, un compito, un avvertimento.

Il fatto di accostare questa quarta accezione del trasmettere a una funzione metacomunicativa verrà chiarito meglio con un passo ulteriore, ovvero una messa alla prova analitica. Non sembra casuale, infatti, che diverse opere culto della letteratura contemporanea dialoghino, in modo diretto, con la trasmissione. È un dialogo che segna nettamente il romanzo, piuttosto che il cinema. Vale per mostri sacri come Bolaño, che in 2666 delinea una visione molto personale della ‘consanguineità taciuta’; vale per De Lillo, che costruisce Underworld sul passaggio di mano in mano di una palla da baseball; vale per McCarthy, che in The Road fa trasmettere da un padre a un figlio le condizioni stesse del possibile. Vale anche per l’opera maggiore di una delle più grandi autrici contemporanee, Mariana Enriquez, di cui è da poco stato tradotto in italiano La nostra parte di notte, romanzo mondo la cui architettura intreccia in modo significativo concezioni e figure del trasmettere, attorno, in particolare, al tema della diseredazione. Articolando queste note, l’intervento si propone due scopi. Il primo è quello di interdefinire i quattro elementi della trasmissione visti sopra. In questo senso, La nostra parte di notte di Enriquez sarà il campo sul quale tentare un simile esercizio. Nella seconda fase dell’intervento, per verificare la tenuta della proposta teorica, ne vaglieremo la coerenza in un ambito molto lontano dalla narrativa contemporanea. 

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8 Settembre 2023 alle 15:30

Ereditare e trasmettere le forme visive. Da Focillon e Warburg a Manovich (e Midjournéy)

Maria Giulia Dondero

Maria Giulia Dondero

Docente di Semiotica e Direttrice di ricerca del Fondo Nazionale Belga per la Ricerca Scientifica

Università di Liegi

Maria Giulia Dondero, PhD, is a Research Director of the National Belgian Fund for Scientific Research (F.R.S.-FNRS) and Professor at the University of Liège where she teaches Visual Semiotics.

She is the author of four books: Les langages de l’image. De la peinture aux Big Visual Data, Paris, Hermann Éditions, 2020 (English augmented version: The Language of Images. The Forms and the Forces, Cham, Springer, 2020); Des images à problèmes. Le sens du visuel à l’épreuve de l’image scientifique, with J. Fontanille, Limoges, Pulim, 2012 (Eng. trans. The Semiotic Challenge of Scientific Images. A Test Case for Visual Meaning, Ottawa, Legas, 2014); Sémiotique de la photographie, with P. Basso (Limoges, Pulim, 2011); Le sacré dans l’image photographique (Paris, Hermès, 2009). She has published around 80 peer-reviewed articles in French, Italian, English; some of her works have been translated into Spanish, Portuguese, Polish. She has directed 30 collective works and special issues on semiotic theory of visual language, scientific and artistic images, and photography. She is Co-founder and Editor-in-Chief of the peer-reviewed Journal Signata Annales des Sémiotiques / Annals of Semiotics (https://journals.openedition.org/signata/) (Scopus, ANVUR and DOAJ) and Co-director of the collection ‘Sigilla’ at Presses universitaires de Liège. She is a member of the editorial board of several scientific journals and General Secretary of the International Association for Visual Semiotics (IAVS/AISV) since 2015 and Vice-President of the French Association for Semiotics (AFS) since 2013. She has been Visiting Professor at the University of Manouba, Tunisia (2012 and 2013); at the UNESP, Brazil (2014, 2016, 2019, 2023), at the National Institute of Anthropology and History (INAH), Mexico (2017), at Paris 2 Panthéon-Assas University (2019-2020), at Celsa Sorbonne Université (2020-2021), France, at the University of Turin, Italy (2020-2021) and Visiting Researcher at UCLA (2009), University of Southern California (2020) and at Purdue University (Indiana) (2022), USA. 

Abstract

Questo intervento focalizza l’attenzione sull’eredità e la trasmissione delle forme e, più precisamente, sulla genealogia delle immagini, secondo la prospettiva del teorico dell’arte francese Henri Focillon (Vita delle forme, 1934). La genealogia delle forme sarà trattata attraverso due percorsi:

  1. l’analisi computazionale di Big Data visivi
  2. la produzione di immagini (con ambizioni artistiche o comunque estetiche) attraverso algoritmi, a partire da database composti da miliardi di opere d’arte.

La prima parte si concentra sulla relazione tra la concezione del patrimonio visivo secondo Aby Warburg (Atlas Mnemosyne, 1924-1929) e gli approcci contemporanei della Computer Vision. È chiaro che il progetto di una genealogia delle forme visive era rimasto incompiuto all’epoca di Warburg soprattutto a causa di limiti tecnologici: non tutte le foto di tutte le opere potevano essere disponibili. La contemporanea digitalizzazione delle opere d’arte — almeno del mondo occidentale—, la disponibilità di banche dati online e soprattutto l’analisi computazionale di grandi corpora di immagini rendono oggi tecnicamente possibile l’antico progetto di una genealogia delle forme. La prima parte del mio intervento esamina alcuni progetti di ricerca in corso negli Stati Uniti e in Europa che stanno rilanciando l'ambizioso e impegnativo progetto di Warburg e propone un approccio alternativo nell’atto di segmentazione delle immagini. La seconda parte tratta dei dispositivi di creazione di immagini artistiche come Midjourney e DALL-E, che permettono di generare nuove immagini a partire da stili e generi diversi presenti e disponibili nelle banche dati. Questo secondo tema sarà affrontato attraverso la nozione di prassi enunciativa (virtualizzazione, attualizzazione, realizzazione e potenzializzazione) al fine di studiare l'itinerario completo della generazione di immagini. Questo percorso comincia con la disponibilità di tutti i generi e di tutti gli stili archiviati nel database, i quali permettono di creare nuove immagini, e termina la sedimentazione della novità, passando per una selezione e una “messa in sospeso” dei tratti pertinenti della nuova creazione in vista di una nuova sedimentazione (o meno) di forme. Questa seconda parte si interroga anche sull’autorialità di queste nuove immagini prodotte da database e algoritmi e sulla maniera attraverso la quale la produzione macchinica opera nella scelta delle opere degli artisti, degli stili, dei generi attraverso i comandi dati dai produttori. 

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29 Settembre 2023 alle 15:30

Deep fake fra trasmissione della memoria e sogno dell’eternità

Piero Polidoro

Piero Polidoro

Docente di Semiotica

LUMSA

Piero Polidoro è professore ordinario di Semiotica presso l'Università LUMSA di Roma, dove dirige il corso di laurea magistrale in Comunicazione, Innovazione ed Experience design (LM91). Si è laureato in Comunicazione presso la Sapienza di Roma con Daniele Barbieri; ha poi ottenuto il dottorato di ricerca in Semiotica presso l'università di Bologna, seguito da Umberto Eco e Patrizia Violi. Successivamente ha condotto una ricerca di post-dottorato con Omar Calabrese presso l'Istituto italiano di Scienze umane (SUM) di Firenze e ha avuto un assegno di ricerca presso la Scuola superiore di Studi umanistici di Bologna. Dal 2010 è in LUMSA. Fa parte del comitato di direzione della rivista Versus. Quaderni semiotici e del comitato scientifico di EC. Ha pubblicato articoli e saggi in diverse lingue. Si occupa prevalentemente di semiotica generale e narrativa, semiotica visiva e audiovisiva e dell'applicazione della semiotica ai media digitali, con particolare riferimento alla User experience e al Service design. Un elenco completo delle pubblicazioni è disponibile all'indirizzo https://www.lumsa.it/piero-polidoro

Abstract

I Deep fake sono testi audiovisivi generati da un'intelligenza artificiale combinando audio e video originali o rielaborati. A partire dal nome, che chiama in causa il concetto di falsità, vengono solitamente considerati un pericolo e viene loro attribuito un valore disforico. Ma i deep fake possono essere impiegati anche per scopi ludici (parodia, satira...) o per motivi più nobili. In alcuni casi, per esempio, sono stati usati per tramandare la memoria di una persona o sono stati realizzati progetti in cui, grazie all'integrazione fra deep fake e altre tecnologie di AI, è possibile preservare in modo interattivo la testimonianza degli ultimi sopravvissuti della Shoah.

Possono i deep fake (o come potremo chiamarli per riabilitarne l'immagine) essere dei nuovi strumenti di trasmissione della memoria? Cosa cambia quando la memoria viene trasmessa in questo modo? E quali sono le condizioni di successo di simili operazioni?

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13 Ottobre 2023 alle 15:30

Spazio al tempo. Eredità museali

Alice Giannitrapani

Alice Giannitrapani

Docente di semiotica e Direttrice della Scuola estiva di Metodologia Semiotica "Paolo Fabbri"

Università degli Studi di Palermo

Alice Giannitrapani è la Direttrice della Scuola estiva di Metodologia Semiotica "Paolo Fabbri". È ricercatrice in Semiotica presso il Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo, dove svolge attività di ricerca e insegna Semiotica, Semiotica degli spazi museali e Semiotica dello spazio. È vicedirettrice della rivista E/C e vicecoordinatrice del dottorato in Semiotica (Università di Palermo). I suoi principali interessi di ricerca sono lo spazio, il gusto e l’alimentazione, il turismo, la televisione. Ha pubblicato, fra l’altro, Viaggiare: istruzioni per l’uso (2009), Introduzione alla semiotica dello spazio (2013), Spazi, passioni, società. Problemi teorici e studi di caso (2017), Foodscapes: cibo in città (2021).
 

Carlo Campailla

Carlo Campailla

Dottorando in Semiotica

Università degli Studi di Palermo

Carlo Campailla è dottorando in Scienze della Cultura presso l'Università di Palermo. Laureatosi in Semiotica a Bologna, si occupa attualmente di semiotica della storia. La sua ricerca si concentra principalmente sull'analisi del discorso storico e sui rapporti tra scienza e divulgazione.

Contact

Email: carlo.campailla@unipa.it

Abstract

Le trasformazioni dello spazio nel tempo saranno oggetto di questa riflessione, che intende concentrarsi sull’ambito museale. Seguendo un più generale trend che coinvolge gli spazi del consumo, i musei vengono spesso localizzati in luoghi adibiti in precedenza ad altre funzioni: ex-fabbriche, magazzini, centrali elettriche, ma anche dimore nobiliari private, chiese etc. (Hammad 2007, Pezzini 2011). Contenitori risemantizzati che tengono traccia a vario titolo del proprio passato facendolo giocare con i nuovi usi dello spazio e con il contenuto che si trovano a esporre. 

Il processo di decontestualizzazione e risemantizzazione proprio dell'oggetto museale – ciò che secondo Pomian (1987, 1999) lo caratterizza come semioforo –, sembrerebbe investire in tal modo anche lo stesso spazio espositivo, complessificando il rapporto tra contenitore e contenuto.  In questo dialogo, ciò che viene messo in scena è quindi la relazione – di continuità, quando non apertamente di conflitto – che lega passato, presente e futuro, in altre parole lo spazio di esperienza e l'orizzonte di aspettativa di una comunità (Koselleck 1980). Attraverso la tensione che lega queste dimensioni temporali, il museo si fa dunque portatore di un più ampio discorso sul rapporto che una società intrattiene col tempo storico, ovvero di uno specifico regime di storicità (Hartog 2006). Discorso che, inevitabilmente, risulta in specifiche modalità di trasmissione del patrimonio culturale.

Obiettivo di questo intervento è riflettere, attraverso una serie di esempi, su questo genere di dinamiche, chiedendosi quali possano essere le strategie attraverso le quali il passato è messo in mostra nel presente, come il museo erediti la storia di ciò che è avvenuto nel luogo che ospita la sua collezione, fino a che punto le eredità vengano esibite, o siano piuttosto celate, tenute sotto traccia. E quanto anche il passato sia ritenuto un tratto identitario dello spazio espositivo, dunque anche raccontato, o piuttosto sia considerato una tappa di un normale e inevitabile processo trasformativo, privo di effetti nella conformazione in cui il museo si offre al visitatore.

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27 Ottobre 2023 alle 15:30

L’eredità di Simenon

Ilaria Ventura Bordenca

Ilaria Ventura Bordenca

Docente di Semiotica

Università degli Studi di Palermo

Ilaria Ventura Bordenca è ricercatrice in Semiotica all’Università degli studi di Palermo, dove lavora sulle tecnologie dell’immersività nel campo del branding e del patrimonio culturale. Insegna “Metodologia sociosemiotica” e “Semiotica dell’alimentazione” all’Università di Palermo, in cui tiene anche un laboratorio di “Progettazione professionale di una campagna pubblicitaria”. È vicedirettore di E|C, rivista dell’AISS-Associazione Italiana di Studi Semiotici. Ha insegnato “Linguaggi della gastronomia” all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e di “Marketing” all’Università di Palermo. Ha scritto i volumi Food Packaging (FrancoAngeli, 2022), Essere a dieta. Regimi alimentari e stili di vita (Meltemi, 2020), Che cos’è il packaging (Carocci, 2014). Si occupa di teoria sociosemiotica, e dei campi della gastronomia, del branding, del design e di linguaggi della realtà virtuale.

Abstract

Non pochi romanzi di Georges Simenon girano intorno alla questione dell’eredità: che si tratti dei polizieschi di Maigret o dei noir che lo scrittore belga ambienta fuori dal Quai des Orfrèves, l’oggetto-eredità è ricorrente. Intorno a esso si compiono delitti, si scatenano odii fraterni, si industriano donne poco di buono e si smascherano viscide ipocrisie familiari. Testamenti truccati, bruciati, attesi, incompresi, milioni di franchi bramati in nome dei quali si orienta tutta la propria vita, o al contrario eredità sgradite, pesanti, di cui non si comprende il valore e di cui occorre disfarsi. Perfetto oggetto di valore narrativo e passionale, nei romanzi di Simenon tutta la carica semiotica dell’eredità viene messa in moto in vari possibili sviluppi narrativi, in cui un aspetto centrale pare quello della valenza, cioè del valore di questo oggetto di valore. Valenza che viene nel corso dei romanzi messa in discussione, ripensata e infine rivalutata, trasformata dall’agire dei protagonisti i quali, a loro volta, vengono trasformati dal lavorio semiotico condotto intorno a quell’eredità.

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17 Novembre 2023 alle 15:30

Dalla “rera” all’heritage. Parentele e patrimoni a fondamento delle retoriche identitarie occidentali

Berardino Palumbo

Berardino Palumbo

Docente di Antropologia Culturale

Università degli Studi di Messina

Abstract

Patrimonio, patrimoine, heritage sono termini e concetti che hanno origine nell'ambito del discorso economico. Ben prima di giungere ad identificare (anche) il cosiddetto "patrimonio culturale" (gli antichi beni culturali) essi hanno giocato un ruolo importante anche all'interno dell'antropologia sociale e, più in particolare, in quello dell'antropologia della parentela. Partendo da propri materiali etnografici, provenienti da contesti europei e africani, legati all'analisi dei meccanismi di costituzione di gruppi di discendenza e attraverso una decostruzione critica di alcune teorie (occidentali) della costruzione dei gruppi sociali, il seminario mostrerà come la matrice economicista ed ideologica dell' heritage parentela permanga ben viva anche all'interno dell'ordine del discorso patrimonialista contemporaneo, sia nella sua forma "materiale", sia soprattutto in quella "immateriale". E come, in un simile scenario oramai globale (l'heritage scape) questa matrice, legata a tratti costitutivi del pensiero economico politico occidentale, sia decisiva nei processi di immaginazione/costruzione dell'appartenenza nella contemporaneità

Video integrale dell'incontro
7 Dicembre 2023 alle 9:15

L’enunciazione dell’eredità. I modi di esistenza del patrimonio

Claudio Paolucci

Claudio Paolucci

Docente di Semiotica

Università degli Studi di Bologna

Claudio Paolucci è professore ordinario di Semiotica e Filosofia del linguaggio all’Università di Bologna, presidente della Società di Filosofia del Linguaggio e coordinatore del Dottorato di ricerca in Philosophy, Science, Cognition and Semiotics del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna. Paolucci si è laureato e dottorato con Umberto Eco, di cui è stato collaboratore presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna e a cui ha dedicato una monografia uscita nel 2017 da Feltrinelli. Dal 2012 è stato il segretario della Società Italiana di Filosofia del Linguaggio e dal 2014 è il coordinatore scientifico della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna fondata da Umberto Eco, che ne è stato il presidente fino alla sua morte nel 2016. Paolucci è stato visiting professor presso diverse università del mondo, in cui ha tenuto corsi, cicli di lezioni e seminari e ha collaborato per sette anni con l’Istituto Superiore di Scienze Umane (SUM) di Firenze. È vice direttore della rivista internazionale di semiotica VS-Versus, redattore della rivista internazionale Nouvaux Actes Sémiotiques e membro del comitato di direzione dell’Italian Journal of Cognitive Sciences. Ha pubblicato oltre settanta articoli scientifici in diverse riviste internazionali di Filosofia e Teoria dei Linguaggi. Fra le sue opere più importanti Strutturalismo e interpretazione, uscito nel 2010 e Persona del 2022, entrambi pubblicati dall’editore Bompiani. Paolucci si è occupato principalmente di semiotica generale, scienze cognitive, pragmatismo, interpretazione e teoria dei linguaggi, ma ha scritto saggi scientifici anche sulla semiotica del cinema e sul discorso politico. È stato parte di diversi progetti competitivi che prevedono la revisione tra pari, tra cui un importante progetto europeo del settimo programma quadro e un Progetto Strategico di Interesse Nazionale su “Cognizione e performatività”, di cui è il responsabile dell’unità dell’Università di Bologna. Dal 2016 è uno dei tutori attivi del Collegio Superiore dell’Università di Bologna e nel 2017 ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore ordinario.

Contact

Email: c.paolucci@unibo.it

Abstract

L'intervento si occuperà innanzitutto del rapporto tra eredità, patrimonio e valore da un punto di vista semiotico, a partire dal pensiero di Peirce e Lotman, con un’attenzione particolare alla legge di rarità degli enunciati formulata da Foucault. A questo punto, proverà a costruire un modello enunciativo della trasmissione ereditaria, con i suoi passaggi tra modi di esistenza. Infine, lavorerà sulla trasformazione digitale, provando a riflettere su Google, sul machine learning e su come si sta gestendo l’eredità della semiotica all’interno della disciplina.

Video integrale dell'incontro
15 Dicembre 2023 alle 15:00

La trasmissione delle esperienze sensibili collettive. il caso del Terrore nella rivoluzione francese

Juan Alonso-Aldama

Juan Alonso-Aldama

Docente di Semiotica

Università di Parigi – Descartes

Juan ALONSO ALDAMA è professore di semiotica presso l'Università Paris Cité, dove dirige il Master in Semiotica e Comunicazione, e presso Sciencespo-Paris. È direttore della rivista Actes Sémiotiques e co-direttore del Séminaire International de Sémiotique di Parigi. Il suo lavoro esplora principalmente i discorsi sociali e politici. Ha lavorato sul discorso del terrorismo, sul conflitto e sulla comunicazione politica. Ha pubblicato diversi libri e coeditato diversi volumi e numeri di riviste collettive (Le discours du terrorisme, Transversalité du sens, Répétition et habitude dans les pratiques quotidiennes, La violence, Forme semiotiche de l’expressione politica, Engagement et implication La tension politique, ...).

Abstract

I modi e le forme semiotiche della trasmissione di emozioni e passioni legate a eventi socio-politici sono decisivi per la storia futura dei popoli e delle nazioni. Che si tratti di potenzializzazione o di attualizzazione degli affetti legati a un evento che viene riattivato con orgoglio (la battaglia di Stalingrado nella Russia di oggi), con vergogna (la Germania e il suo passato nazista), con dolore e amarezza (il passato coloniale per le culture e i Paesi sottomessi), con rimpianto per un'occasione storica mancata (l'instaurazione di una repubblica in Spagna a causa della sconfitta della guerra civile)..., la trasmissione di questo patrimonio solleva la questione delle “modalità” semiotiche del suo passaggio attraverso le generazioni. Qual è la forma semiotica trasmessa? Racconti, figure, valori semantici o assiomatici, sequenze pragmatiche...? Inoltre, si trasmettono forme semiotiche complete o, come talvolta accade, semplici materie dell’espressione che si associano di volta in volta a forme di contenuto diverse? 

La trasmissione riguarda anche la nozione semiotica di “valore”: cosa è degno o “vale la pena di essere trasmesso” e come avviene la selezione di ciò che “merita” di essere dato in eredità? Prima di essere trasmessi, un evento e gli effetti patemici ad esso attribuiti sono valutati in base all'opportunità della loro trasmissione e alle loro “valenze trasmissive” (d’intensità e d’estensione): non è raro nella storia trovare eventi o azioni che siano valutati proprio per la loro trasmissibilità, per la loro qualità o possibilità di durare e di fungere da “testimonianze”. Accade persino che oggetti ed eventi abbiano senso solo nella e grazie alla loro trasmissione: che senso ha produrre qualcosa, costruire un patrimonio, far crescere una grande azienda, trasformare un sistema politico, se non si pensa che durerà, se si crede che sia fatto solo per essere consumato al momento? Nel pensiero dei rivoluzionari del 1789 c'era già questa consapevolezza di un momento storico che avrebbero lasciato in eredità alle generazioni future, con il suo relativo complesso patemico. L'atto rivoluzionario e le passioni che lo avevano permesso e che lui aveva suscitato erano già concepiti come un oggetto da lasciare in eredità, con gli elementi semantici, sintattici e forse pratici e strategici che ne avrebbero garantito la trasmissione (dello stesso modo che quando qualcuno trasmette un'eredità si assicura che possa essere conservata dagli eredi). Concentreremo il nostro studio delle varie questioni sopra menzionate su un caso particolare di “trasmissione passionale” della storia, quello dell'eredità e della perpetuazione della memoria del periodo del Terrore durante la Rivoluzione francese.