Iconologie del tatuaggio

Iconologie del tatuaggio - II Seminario internazionale di studi
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La pratica contemporanea del tatuaggio conosce una diffusione planetaria. Con un meccanismo caratteristico della semiosfera, la scrittura sul corpo da anti-linguaggio marginale è diventata moda globalizzata. Se sino a pochi decenni fa il tatuaggio era fenomeno di nicchia, e rivendicava in vario modo l’essere minoranza, oggi si contano numeri tali da normalizzarlo, se non banalizzarlo: nel 2015, circa il 30 % delle persone ne fanno uso negli Stati Uniti, il 13 % in Italia: che significa, da noi, più di sette milioni. Come per tutte le mode di massa, inizia a far tendenza il fatto di non esibirne, e se ne facilita così l’oggettivazione.
Diverse scienze umane si sono occupate del fenomeno, in particolare l’antropologia criminale a quella culturale, nei loro intrecci costitutivi con la sociologia, il folklore, la teoria delle immagini, la storia letteraria e gli studi culturali e, not least, la semiotica, teoria del segno e del senso. La questione dell’identità individuale e collettiva dunque dei processi di costruzione, trasformazione e denegazione del segno che dal somatico tracima nel sociale (e viceversa), peraltro, coincide solo parzialmente con quella relativa alla scrittura del corpo. La pratica del tatuaggio produce tradizioni – anche inventate – e traduzioni anche al di là dell’ambito strettamente etnico, andando a coinvolgere, oggi più che mai, la dimensione estetica: e cioè sensoriale e somatica, ma anche visiva, vestimentaria, ultravestimentaria e artistica.
Lo sguardo semiotico, raddoppiando i piani del problema (espressione/contenuto), permette non solo di interpretarne i molteplici percorsi antropologici ma anche i luoghi in cui, bloccandosi, tendono a istituzionalizzarsi oppure, al contrario, sciogliendosi, propongono soluzioni originali e ‘creative’. Da una parte, il corpo, slittando fra dolori subiti e sofferenze volute, tende a diventare altro da sé, a metaforizzarsi (quali analogie, poniamo, fra tatuaggio e street art, fra tatuaggio e marchiatura, fra tatuaggio e brand o antibrand?). Dall’altro la società, cosiddetta liquida si adopera per costruire significati che, giocando con il destino dell’indelebile, non fanno che moltiplicarsi cancellandosi a vicenda (l’io e il sé, il gruppo e l’alterità, il riconoscimento e il disconoscimento…). Sul piano dei valori, se il marchio, storicamente, è apposizione d’infamia, il tatuaggio è la sua rivalorizzazione positiva. E se la marchiatura è, in altri contesti, una delle funzioni narrative delle fiabe di magia, che sanziona e segnala l’essere eroe del soggetto, il tatuaggio inverte ancora una volta il gioco, e caratterizza trasgressivamente gli antieroi, i maledetti, i diversi, gli emarginati – pronti oggi, però, a farsi legione.
Il convegno si propone, oltre alla realizzazione di una rassegna documentaria, di estendere il campo e i metodi della semiotica al Segno Tegumentario per analizzare la relazione testuale tra le icone e i corpi, tra il soma e il sema (pitture corporali, ferite, perforazioni, scarificazioni, marchiature, ecc.), nonché le tattiche enunciative dell’io-pelle e dei suoi involucri. La direzione del discorso è ovviamente duplice: da una parte il discorso (e il racconto) sul tatuaggio, dall’altra il tatuaggio che, di per sé, discorre e racconta.
La semiotica, interessata ai processi di “artificazione”, del divenire artistico delle pratiche di rappresentazione e significazione (body art, fotografia, street art, danza hip hop, ecc.) – propone a sua volta l’esame socio-semiotico dei diversi e imprevisti modi con cui il tatuaggio di fa arte (opere firmate, vecchi generi, nuove scuole, collezioni, gallerie, critica, mostre, cataloghi, riviste, libri, film, trasmissioni TV, siti internet e così via)
Molteplici le vie di ricerca possibili.
Fra le quali:

  • Segno tegumentario, dermatoglifici, ridefinizione della nozione trivializzata di moda – oltre l’indumento: rapporto al nudo e al vestito (coprire/scoprire, nascondere/svelare, sbigottire/sorprendere).
  • Confronto con altri sistemi di segni, in particolare di scrittura (grammatologia, inchiostri e colori, arti calligrafiche) legati al corpo e alla pelle; trucco, protesi, lifting, scarificazioni, piercing, burning, ecc. e relative connessioni, sottolineando le differenze per sostanza dell’espressione: ruolo somatico e semantico , le traversie dell’ io-pelle.
  • Grafocorpi.
  • Tipologie di generi iconici e invenzione della tradizione: neo tribalismo, primitivismo ecc.
  • Il ruolo specifico del tatuatore come soggetto d’enunciazione nella particolare relazione al tatuato e alle sue trasformazioni estesiche e patemiche.
  • Topologia dell’espressione propriocettiva. Estesia: il dolore e il suo ruolo, e esterocettiva, la visibilità e comunicazione.
  • Esibizione, durata, correzioni e cancellazione. Personalizzazione e Auto (bio)-iconografia
  • Disponibilità, moltiplicazioni, replicazioni dei tatuaggi: metamorfosi corporee.
  • Debrayage ed embrayage: tatuaggi apposti sul corpo e tatuaggi inscritti nel corpo (casualità, ‘natura’: espressività e fisiognomica).
  • Rimediazioni dei tatuaggi: film, televisioni, reality show, riviste specializzate, ecc.
    Tatuaggi e pratiche affini: murales, street art, marchiature animali, brandizzazioni.
  • Branding tattooo.
  • Tattooo removal.
  • Tatuaggio come etnomedicina.
  • Tatuaggio, racconto letterario, ekphrasis.
  • Trauma e tatuaggio.
  • Tatuaggio e colonialismo/postcolonialismo.
  • Tattoo & gender.
  • Tattoo & biological quality.

Keynote speakers
Mohamed Bernoussi (Meknes), Paolo Fabbri (Centro Internazionale di Scienze Semiotiche – Umberto Eco), Frank Jacob (City University of New York – CUNY), Matteo Meschiari (Palermo), Tiziana Migliore (Roma – Tor Vergata), Peter Petkoff (Brunel University – London), Francesco Remotti (Torino), Mario Ricca (Parma).

Comitato organizzatore
Emiliano Battistini, Alice Giannitrapani, Dario Mangano, Francesco Mangiapane, Gianfranco Marrone, Marco Mondino, Rosario Perricone, Davide Puca, Ilaria Ventura.