Deep fake fra trasmissione della memoria e sogno dell’eternità

Piero Polidoro

Piero Polidoro

Docente di Semiotica

LUMSA

Piero Polidoro è professore ordinario di Semiotica presso la Libera Università Maria Ss. Assunta (LUMSA) di Roma e presidente del corso di laurea magistrale in Comunicazione, Innovazione ed Experience design. Si è laureato in Scienze della Comunicazione presso La Sapienza Università di Roma (2000). Nel 2005 ha ottenuto il dottorato di ricerca in Semiotica presso l’Università di Bologna con Umberto Eco e Patrizia Violi. Dal 2006 al 2008 ha condotto una ricerca di post-dottorato sulla cooperazione interpretativa nei testi visivi presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze (tutor: Omar Calabrese). Dal 2009 al 2010 è stato assegnista di ricerca presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna. I suoi principali campi di ricerca sono la Semiotica teorica, la Semiotica visiva (percezione visiva, identità visiva, narratività visiva), l’analisi dei media digitali, la User experience e il Service design. L’approccio che segue è quello della semiotica strutturale e interpretativa. Professionalmente ha lavorato nel settore della comunicazione digitale, della scrittura professionale e delle pubbliche relazioni in diverse istituzioni e associazioni accademiche, politiche ed economiche, in particolare nel settore dei servizi, delle nuove tecnologie e dell’enogastronomia. Un elenco completo delle pubblicazioni è disponibile all’indirizzo https://lumsa.it/it/docenti/piero-polidoro.
Abstract

I Deep fake sono testi audiovisivi generati da un’intelligenza artificiale combinando audio e video originali o rielaborati. A partire dal nome, che chiama in causa il concetto di falsità, vengono solitamente considerati un pericolo e viene loro attribuito un valore disforico. Ma i deep fake possono essere impiegati anche per scopi ludici (parodia, satira…) o per motivi più nobili. In alcuni casi, per esempio, sono stati usati per tramandare la memoria di una persona o sono stati realizzati progetti in cui, grazie all’integrazione fra deep fake e altre tecnologie di AI, è possibile preservare in modo interattivo la testimonianza degli ultimi sopravvissuti della Shoah.

Possono i deep fake (o come potremo chiamarli per riabilitarne l’immagine) essere dei nuovi strumenti di trasmissione della memoria? Cosa cambia quando la memoria viene trasmessa in questo modo? E quali sono le condizioni di successo di simili operazioni?

Video integrale dell’incontro