Serializzare lo storyworld: mondi possibili “autoriali”

Nicola Dusi

Università di Modena e Reggio Emilia

Gomorra, il romanzo di Roberto Saviano del 2006, diventa il film omonimo di Matteo Garrone (del 2009), poi una serie tv targata Sky uscita in Italia col titolo Gomorra. La serie, che dà vita a numerosi prodotti crossmediali (come giochi di ruolo o parodie web). Il primo romanzo di Umberto Eco, Il Nome della Rosa (1980), diventa un film di successo per la regia di Jean Jacques Annaud (nel 1986), poi la recente serie tv omonima targata RAI (e Palomar), ora visibile su Netflix. Per analizzare queste trasformazioni intermediali e transmediali guarderemo alle continuità traduttive da un medium all’altro, ma anche alle discontinuità intese come aperture crossmediali (Dusi 2015).

Nella proposta lotmaniana della scuola di Tartu, non solo testo di arrivo e testo di partenza sono entrambi trasformati in ogni processo di traduzione, ma il potere dei testi transmediali è di esplicitare la diversità delle prospettive e dei punti di vista possibili (Lotman 1993). Torop infatti ripensa la trasmigrazione di contenuti tra media diversi, cioè lo storytellingtransmediale (Jenkins 2006), attraverso le differenze tra “spazio del testo, spazio dei media, spazio della cultura” (Saldre e Torop 2012: 40). Se rileggiamo il caso Gomorra attraverso quest’ampia nozione di “transmedialità”, quello che passa tra romanzo, film e serie tv è soprattutto la ripresa e la costruzione di una rete condivisa di “regole del gioco” in un mondo possibile narrativo (Eco 1979; 2001): un insieme di regole che definiamo come uno storyworld. Il film Gomorra di Garrone opera una traduzione intersemiotica parziale del romanzo di Saviano, mentre Gomorra. La serie usa il romanzo in modo transmediale, come fosse un ricco database di cui reinterpreta stralci e frammenti. Il romanzo di partenza diventa così una matrice di invarianti che compongono uno storyworld specifico (Dusi 2019). Seguendo Mittell (2015) vi sarebbero logiche “centripete” e “centrifughe” dello storytelling transmediale, che vanno cioè verso l’approfondimento oppure verso l’espansione. Le prime usano la ridondanza e il rispetto del “canone” fissato dallo storyworld, le altre cercano, invece, innovazione e trasgressione, ad esempio inventando storie e personaggi paralleli a quelli principali già noti. Sono proprio queste tensioni e questi conflitti interpretativi a rendere vitale una forma di vita complessa e in evoluzione come una serie televisiva contemporanea. Ed è quel che accade nella scrittura della serie Il nome della rosaincentrata sul romanzo di Umberto Eco e sull’adattamento di Annaud: la serie riapre infatti sia il romanzo sia il film e sfrutta entrambe le logiche della transmedialità utili a costruire mondi e ad espanderli. Logiche seriali che, in effetti, erano già presenti nei romanzi e nei sequel scritti da Dumas (e più tardi da Salgari), amati e analizzati da Umberto Eco ben prima di scrivere il suo romanzo d’esordio.

Riferimenti bibliografici

Dusi, N., “Don Quixote, Intermediality and Remix: Translational Shifts in the Semiotics of Culture”. International Journal of Cultural Studies. 18(1), 2015, pp. 119-134.

Dusi, N., “Adapting, Translating and Reworking Gomorrah”Adaptation. 2019, vol. 12, pp. 222-239.

Eco, U., Lector in fabula, Milano: Bompiani, 1979.

Eco, U., Experiences in Translation. Toronto: University of Toronto Press, 2001.

Jenkins, H., Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York: New York University Press, 2006 [tr. it. 2006].

Mittell, J., Complex Tv. The Poetics of Contemporary Television Storytelling. New York and London: New York University Press, 2015 [tr. it. 2017].

Lotman, J.M., Culture and Explosion. Berlin: Mouton de Gruyter, 2009 [1993].

Saldre, M. and Torop, P.,  “Transmedia Space”. In Crossmedia Innovations: Texts, Markets, Institutions. Edited by I. Indrek and C. A. Scolari. Frankfurt am Main: Peter Lang, 2012, pp. 25-44.

Mini-biografia

Nicola Dusi è professore associato di Linguaggi intermediali e Analisi critica del cinema presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Comunicazione ed Economia. Si occupa di teoria e analisi del cinema, serialità televisiva, media digitali, e in particolare delle relazioni traduttive tra arti e media. Tra le sue pubblicazioni, le monografie: Il cinema come traduzione. Da un medium all’altro: letteratura, cinema e pittura (UTET, 2003); Dal cinema ai media digitali. Logiche del sensibile tra corpi, oggetti, passioni (Mimesis, 2014); Contromisure. Trasposizioni e intermedialità (Mimesis, 2015). E le curatele: Remix-Remake. Pratiche di replicabilità (con L. Spaziante, Meltemi, 2006); Narrazione ed esperienzaIntorno a una semiotica della vita quotidiana (con G. Marrone e G. Lo Feudo, Meltemi, 2007); Destini del sacro. Discorso religioso e semiotica della cultura (con G. Marrone, Meltemi, 2008); Matthew Barney. Polimorfismo, multimodalità, neobarocco (con C. G. Saba, Silvana Editoriale, 2012); L’uomo che vende un occhio. Un soggetto per il film Il Boom di Vittorio De Sica (con L. Di Francesco, ETS, 2017); Bellissima tra scrittura e metacinema (con L. Di Francesco, Diabasis, 2017). E i più recenti: Confini di genere. Sociosemiotica delle serie tv (2019); David Lynch. Mondi intermediali (con C. Bianchi, 2019).