L’influenza del cinema degli anni ’50 e ’60 del Novecento porta la letteratura ad approfondire la nozione di ‘punto di vista’. In apertura del volume una serie di note storico-metodologiche aiutano il lettore a contestualizzare il problema all’interno della critica letteraria offrendo, da una parte, una breve genealogia del ‘prospettivismo’ e le sue implicazioni filosofiche, dall’altra, indicando le principali correnti estetiche – l’indirectness o ‘monoprospettivismo’ di Henry James e il ‘multiprospettivismo’ di Gide – generatesi dallo stesso presupposto: la rinuncia a una visione frontale e globale di una realtà data a favore di una visione indiretta e obliqua di una realtà da inferire.
Dopo una serie di accorgimenti metodologici, nel secondo capitolo vengono riportati differenti tipologie del ‘punto di vista’ attraverso un’indagine dei contributi sul tema, concentrandosi su sette autori: Friedman, Booth, Pouillon, Todorov, Genette, Bal, Uspenskij.
Si riporta poi un’indagine critica sullo sviluppo della nozione di ‘point de vue’ nella riflessione teorica gidiana, che trova nei «Faux monnayeurs» il suo apogeo tramite un’estetica della simultaneità che coniuga il ‘multiprospettivismo’ con le tecniche narrative dei due secoli precedenti.
In chiusura Volpe opera una breve ricognizione sul testo dei «Faux monnayeurs» concernente alcuni problemi specifici sollevati nel corso del lavoro e mostra come la riflessione sul ‘punto di vista’ in letteratura, influenzata in partenza dal cinema, ha influenzato a sua volta le sceneggiature dei film contemporanei facendo vacillare assieme all’illusione romanzesca le fondamenta dell’illusione cinematografica.
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Volume | n.20 |