Oggetto d’uso e di promozione, il packaging è uno dei prodotti di senso su cui si esercita e manifesta il discorso di marca. In certi casi, come per Coca-Cola, Chanel, Perrier o Nutella, solo per citarne alcuni tra i più celebri, l’identità visiva del pack è talmente centrale nella comunicazione della marca da svolgere le funzioni di vero e proprio logo, segno iconico identificante. Le funzioni semiotiche del pack, infatti, coincidono di fatto con le operazioni fondamentali di qualsiasi processo di branding: differenziare e identificare. Ma come esercita tali funzioni, nello specifico, il packaging? Scatole e bottiglie, cofanetti e buste, infatti, hanno spesso molti altri compiti che hanno a che fare tanto con il brand quanto con il prodotto e con il consumatore: conservare, proteggere e contenere il prodotto; descriverlo; mostrarne l’occasione d’uso; fornire istruzioni, prescrizioni, divieti; dosare il contenuto e renderlo accessibile; declinare l’immagine coordinata del brand, così come differenziare le linee di prodotto; attrarre il cliente nel negozio, e così via.
Come si fa analisi di un prodotto di senso così complesso, che prevede di far riferimento sia a una semiotica visiva sia a una semiotica del design? È il modello della testualità a permettere di tenere insieme queste diverse dimensioni del packaging. Seguendo gli strumenti della semiotica greimasiana, l’intervento mostrerà come si può analizzare un packaging tenendo conto di modelli di analisi visiva sia modelli di analisi degli oggetti.